Pesca, sindacati pronti alla mobilitazione se il governo non cambia rotta
“Siamo al punto di non ritorno per i nostri lavoratori. Gli incomprensibili ritardi nel pagamento dell’indennità dovuta agli armatori per il periodo di fermo 2015/2016, rischiano di determinare una grave crisi occupazionale, alimentata dalla imprudente decisione, da parte delle imprese, di procedere per l’anno in corso, al disarmo delle unità di pesca e al licenziamento di tutto l’equipaggio. Se il Governo non cambierà subito rotta, il sindacato di categoria è pronto a mobilitarsi”.
È l’allarme lanciato da Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uilapesca, che evidenziano il “rischio di una dura flessione occupazionale determinata da condizioni esterne a quella della pesca e dall’insostenibilità economica delle imprese che nel comparto ittico ha effetti diretti sui salari dei lavoratori, visto lo specifico sistema retributivo che regola il comparto”.
“I lavoratori della pesca sono già molto penalizzati rispetto agli altri settori produttivi da politiche inique in tema di ammortizzatori sociali, salute e sicurezza sul lavoro, malattie professionali e dal mancato riconoscimento del comparto ittico quale attività gravosa e usurante” ricordano i sindacati. “Fino allo scorso anno, malgrado ritardi e criticità interpretative nell’applicazione, lo strumento della CIG in deroga ha garantito un minimo di equilibrio tra fermo biologico e tecnico, offrendo la necessaria integrazione salariale per i periodi di sospensione lavorativa, non imputabile alla volontà del datore di lavoro. Per il 2017, invece, la legge di stabilità ha stanziato solo 11 milioni di euro per finanziare questo strumento (un indennizzo pari a 30 euro giornalieri, per ogni giorno di fermo biologico che si attuerà in Italia) e, a tutt’oggi si ignorano ancora le modalità di richiesta per questo indennizzo”.
“Ci domandiamo, come sia possibile tutelare la risorsa ittica, promuovere la salvaguardia ambientale e allo stesso tempo, ignorare chi vive in mare, rischiando spesso la vita per un reddito minimo. Ci chiediamo se il mancato diritto al lavoro e ad una adeguata tutela della salute e sicurezza sia il destino ineluttabile a cui qualcuno vorrebbe far rassegnare i nostri pescatori”.
“Il Sindacato non intende più abbassare la testa! Dopo aver unitariamente elaborato proposte e dialogato con senso di responsabilità con istituzioni e governo, abbiamo solo ottenuto promesse, rinvii e occasioni mancate. Pertanto, chiediamo l’apertura immediata di un tavolo per l’emergenza occupazionale nel settore che in 15 anni ha perso oltre ventimila addetti, a vantaggio di politiche europee che hanno premiato altri paesi e altri mari” concludono Fai, Flai e Uilapesca. “È arrivato il tempo di portare la nostra gente in piazza, per far sì che il valore della pesca sia misurato con il valore che l’Italia è in grado di dare al lavoro in questo settore, per far sì che, in un paese circondato dal mare, alla pesca sia restituita la dignità sociale che merita”.
Roma 20 giugno 2017