AGRICOLTURA: LAVORATORI STRANIERI SUPERANO LA SOGLIA DEL 50% NEL SETTORE AGRICOLO
Udine, 10 aprile 2024. Per la prima volta i lavoratori di nazionalità straniera – con contratto a tempo determinato – sono la maggioranza della forza lavoro nel settore agricolo a tempo determinato in Friuli Venezia Giulia.
Gli occupati in agricoltura di origine straniera – sottolinea il Segretario Generale FAI Cisl FVG, Stefano Gobbo – per la prima volta hanno oltrepassato la soglia del 50% in regione, sul complessivo degli occupati a tempo determinato, attestandosi al 51,44% per un totale di 7983 su 15519 lavoratori complessivi, segnale che il settore primario non può più sotto stimare: gli addetti di componente “migrante” sono ormai indispensabili per la tenuta e l’esistenza del settore stesso.
Se analizziamo i dati, pubblicati dall’INPS negli ultimi sette anni, è evidente come la loro presenza sia diventata fondamentale anche in Friuli Venezia Giulia, influenzata indubbiamente dagli scenari politici e di guerra che, ne variano l’etnia di provenienza. Se nel 2017 le nazionalità straniera prevalente era la Romania con 2.311 occupati per ridursi a 1.511 l’anno scorso, nel 2023 al primo posto c’è quella Pakistana che dai 76 lavoratori del 2017 è passata ai 1.922 nel 2023, in crescita anche quella del Bangladesh che da 32 occupati è aumentata di oltre dieci volte arrivando ai 393 lavoratori del 2023; ed è solo un esempio che conferma il cambio di provenienza in atto tra gli stagionali stranieri dell’agricoltura, sempre più in arrivo dai paesi asiatici e meno dell’Est Europa e transfrontalieri. Da segnalare come il numero di occupati di origini Pakistana, vari anche in funzione della presenza dei centri di accoglienza. E’ significativo infatti, l’esempio di Gradisca d’Isonzo dove nel 2020 vi erano 82 lavoratori “residenti” che hanno trovato occupazione nel settore, per decuplicarsi fino ai 393 addetti del 2023.
Un altro dato che conferma queste nuove forme di immigrazione, rilevante da evidenziare per il settore agricolo, si riferisce alle partite iva aperte per servizi connessi all’agricoltura, ovvero aziende senza terra, su un complessivo di 190 nuove attività avviate tra l’anno 2021 e 2022, 154 sono intestate ad immigrati: di queste 64 a persone di etnia Pakistana, aziende che assumono propri connazionali, attraverso un regolare contratto di lavoro, ma che nascondono, come sempre più frequentemente ci viene denunciato dagli stessi lavoratori, irregolarità e condizioni di sfruttamento lavorativo, mancata denuncia delle giornate, mancati pagamenti degli stipendi, mancata sorveglianza sanitaria e norme sulla sicurezza del lavoro a dir poco ignorate. Un ulteriore dato utile per comprendere il fenomeno è quello delle giornate di lavoro denunciate, su 1922 lavoratori pakistani la media pro-capite risulta essere di 54 giorni, poco più di 2 mesi lavoro e per chi conosce le fasi lavorative in agricoltura è difficile da comprendere come la natura si possa fermare per gli altri dieci mesi.
A fronte dei dati ufficiali sopra esposti, crediamo come FAI Cisl FVG, che non sia necessario incrementare le quote previste nel decreto Flussi, come recentemente richiesto peraltro dalle organizzazioni professionali. E’ chiaro che le quote sono già presenti in Italia, l’ultimo click-day, con il rilevante numero di richieste d’ingresso presentate ed i primi accertamenti effettuati dalle autorità, ha evidenziato un mercato parallelo di compra vendita delle quote. Dobbiamo, invece, essere noi capaci di mettere in atto percorsi concreti di integrazione e convivenza con gli immigrati già presenti, perché queste persone possano lavorare nella legalità. E’ necessario costruire in rete percorsi sociali, qualificati e innovativi che portino questi lavoratori fuori dall’isolamento e li rendano autonomi: percorsi formativi linguistici e professionali, servizi capaci di contrastare l’emarginazione e lo sfruttamento, rendere accessibile e fruibile alloggi regolari.
Come FAI Cisl FVG siamo coscienti che per il comparto la carenza di manodopera è diventata strutturale e allora – conclude il segretario regionale Gobbo Stefano – come possiamo immaginare di non trovare soluzioni adeguate per integrare, nella massima legalità queste persone? È sui territori che si gioca la riuscita delle politiche di integrazione e dove conoscenza e azione devono essere promosse insieme, per combattere sfruttamento e segregazione lavorativa dei lavoratori immigrati, puntare su nuove interazioni con tutti gli attori coinvolti nella gestione del mondo del lavoro agricolo per chiedere assieme la modifica di alcune norme legislative che non facilitano l’ingresso dei richiedenti asilo o protezione internazionale nel comparto e nella massima legalità.