PERCHE’ TORNARE AI VOUCHER IN AGRICOLTURA SAREBBE UN ERRORE
In questi giorni di emergenza covid-19, pare ci sia un gran dinamismo rispetto alla volontà di ri-ampliare, cioè
estendere, l’utilizzo dei voucher in agricoltura, come se questa fosse la “soluzione magica” per trovare
manodopera nel settore agricolo e risolvere tutti i problemi del settore primario.
A contrastare questa ventilata ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro agricolo, esprimendo la
propria contrarietà direttamente al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ma anche alle Ministre
Bellanova e Catalfo, sono scesi in campo con una nota congiunta i tre segretari nazionali Confederali di CGIL,
CISL e UIL assieme ai tre segretari nazionali di categoria.
Organizzazioni sindacali fuori dal tempo? Non lo crediamo: considerata l’inaccettabile provocazione di
utilizzare l’emergenza covid-19 per allargare l’utilizzo dei voucher, in quanto consapevoli che la loro
estensione in agricoltura significherebbe mortificare i diritti di lavoratrici e lavoratori. Anche del Friuli Venezia
Giulia, parliamo soprattutto di quegli oltre 15mila lavoratori già con contratto a termine, di cui 6.650 a Udine,
5.600 a Pordenone 2.500 a Gorizia e 360 a Trieste.
Se poi si vuole addurre che il motivo della reintroduzione dei voucher è la mancanza di manodopera in
agricoltura, allora forse sarebbe bene attivare – cosa che comunque chiediamo da tempo – gli enti bilaterali
agricoli istituiti nella nostra regione. Ben tre, che tra i loro compiti hanno anche quello osservare e monitorare
le dinamiche e le tendenze del mercato del lavoro agricolo e di fare incontrare domanda-offerta del lavoro,
in un momento in cui tanti altri settori sono in difficoltà occupazionale, basti pensare al commercio, al turismo
e ai lavoratori somministrati, bacini da cui si può attingere.
Quanto al perché della nostra ferma contrarietà
al sistema dei voucher, basti pensare che nel settore agricolo, sono già presenti forti flessibilità nelle
assunzioni e nello svolgimento dell’attività lavorativa: che può essere definita in base alle fasi lavorative, su
base giornaliera e addirittura su base oraria. Non bastasse, in agricoltura non c’è alcun limite di tempo
nell’assunzione a tempo determinato, della serie un lavoratore può avere anche dieci contratti in un solo
anno e per più anni senza che il datore di lavoro incorra in sanzioni e/o obblighi di assunzione a tempo
indeterminato che pare, tanto facciano paura.
Con queste modalità, condivise dalle organizzazioni sindacali e normate dal CCNL proprio per la particolarità
del settore agricolo, può essere regolarmente assunto, contribuendo a pagare contributi e tasse: lo studente,
la casalinga, il disoccupato, il già lavoratore e addirittura il pensionato.
Queste normali tipologie di assunzioni nel settore primario, conquistate in anni di lotte sindacali, assicurano
in cambio tutele: nel riconoscimento della malattia, dell’infortunio, della disoccupazione agricola, degli
assegni nucleo familiare e non ultimo contributi validi per la pensione, il tutto in base ai giorni lavorati. Tutele
che i voucher non danno! Poca cosa? Assolutamente no, visto tra l’altro i tempi che stiamo attraversando.
Tanto più – come ricorda il nostro segretario generale della Cisl Fvg, Alberto Monticco – che in questo periodo
di estrema emergenza, andare ad erodere i diritti dei lavoratori, e ancor di più di quelli più deboli, sarebbe
un fatto gravissimo: meglio invece pensare a rafforzare le tutele, a partire da quella sicurezza sul lavoro che
oggi il coronavirus sta imponendo come priorità assoluta e che tale dovrà rimanere anche ad emergenza
conclusa.
Udine, 07 aprile 2020
FAI CISL FVG
Claudia Sacilotto