TERRORISMO, COMUNITA’ ISLAMICA DENUNCI NEMICI DELLA PACE
Comunicato rilasciato dal nostro Segretario nazionale, SAADY
Una casa fondata sulla rettitudine e sulla pace: questo è l’Islam. Come ha ben scritto Tahar Ben Jelloun, le basi del nostro credo sorreggono un edificio che è prima di ogni cosa
un luogo di fratellanza, di libera, gioiosa e prosperosa convivenza. La follia omicida, la
barbarie di chi uccide innocenti, non ha nulla a che fare con la nostra fede. Lo abbiamo
detto mille volte, ma dirlo, ormai, non è più sufficiente. Non dopo le stragi di Dacca e
Nizza; non dopo quanto accaduto nella chiesa di Rouen, in Normandia. Parlare non basta
più. La comunità islamica italiana, vittima eccellente di questa folle escalation terroristica,
deve ribellarsi a gruppi e individui che non sono “fratelli che sbagliano”. Sono assassini, folli
sanguinari, che non hanno alcun credo e le cui azioni sono un abominio per l’Islam e per
qualunque altra religione.
La Fai Cisl sostiene le ragioni di una pacifica convivenza e del dialogo interreligioso;
in ambito contrattuale, conferma il suo impegno affinché nella negoziazione di secondo
livello trovino risposte le esigenze legate ai culti religiosi.
Il 32% degli stranieri presenti in
Italia è costituito dai musulmani, molti dei quali sono impiegati nei settori
dell’agroalimentare. Uomini e donne che, seguendo la tradizione dell’Islam, conducono
una vita retta, si impegnano per creare condizioni di sviluppo e prosperità, credono
profondamente nel dialogo interreligioso, si battono per la giustizia, la tutela dei diritti
umani, la solidarietà e la pace. Questa è la nostra casa. E chi pensa di poterla sfregiare,
abbattere e rifondare su basi d’odio non vi appartiene. I musulmani italiani, i fratelli e le
sorelle che vivono in Italia, devono riconoscere la mutazione genetica avvenuta in ambienti
che non hanno più nulla a che fare con la nostra comunità.
Queste frange sono animate da un fanatismo violento e oscurantista che mortifica
l’Islam.
E per questo vanno isolate, denunciate ed espulse.
Dobbiamo superare la paura e
dar concretezza alla nostra rabbia, la rabbia di chi sente violata la propria dimora.
Dobbiamo far sentire la nostra voce, organizzarci, mettere in chiaro che la tremenda
guerra che si sta aprendo in questo primo scorcio di millennio non è una guerra di
religione. Perché non esiste alcuna relazione tra queste persone, tra questi atti orrendi e la
parola “Islam”. Dobbiamo essere noi, tutti noi, a metterlo in chiaro. E non più solo con le
parole, ma isolando e denunciando chi sceglie il terrore.